Capodanno Veneto

Cao de l’ano e Bati Marso: il Capodanno Veneto nella Serenissima Repubblica di Venezia

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Il capodanno veneto in origine era fissato il 25 marzo, giorno della fondazione di Venezia nel 421, giorno dell’annunciazione del Signore e, secondo un’antica leggenda greca, giorno della creazione del mondo. In un secondo momento, per comodità di calcolo il primo giorno dell’anno fu anticipato al primo marzo.

Sin dai tempi dell’antica Roma il primo giorno dell’anno era fissato il 1 gennaio ma il Capodanno Veneto continuò a ricorrere il 1 marzo fino alla conquista napoleonica nel 1797. Nel 153 a.c. infatti, i Romani scelsero come data per l’inizio dell’anno civile il primo giorno del mese di gennaio, in occasione dell’entrata in carica dei consoli che davano il nome al nuovo anno. Il calendario così come lo conosciamo oggi deve la sua origine a Papa Gregorio Magno che, nel VI secolo, sostituì il calendario giuliano introducendo l’attuale “gregoriano“.

L’inizio dell’anno nella Serenissima Repubblica di Venezia riprendeva un’antica usanza di far iniziare l’anno con la primavera e il risveglio naturale della vita, cosa che anche i romani fecero fino all’avvento del calendario giuliano. L’origine molto antica di questa tradizione è dimostrata dalla denominazione dei mesi che ricorda la loro collocazione nel calendario: se infatti marzo era considerato il primo mese dell’anno, settembre era il settimo, ottobre l’ottavo, novembre il nono e così dicembre il decimo. Questa pratica arcaica molto diffusa è riscontrabile anche in altri calendari, come nel caso di quello cinese.

L’introduzione del calendario gregoriano colpì anche il Veneto a partire dal 1582 ma, per non stravolgere il computo del tempo, le date dei documenti della Serenissima furono affiancate dalla dicitura more veneto e cioè “secondo l’usanza veneta”. Ad esempio il gennaio 1582 “more veneto”, corrispondeva al gennaio 1583 del calendario gregoriano.

Capodanno Veneto

I festeggiamenti per il primo giorno dell’anno (cao de l’ano) erano una festività riconosciuta dalla Serenissima Repubblica di Venezia. Secondo la tradizione nei giorni che precedono o seguono il primo marzo, la gente usciva nelle strade con pentole, coperchi e altri strumenti musicali fatti in casa battendoli e facendo una gran confusione. Questo era il modo per scacciare il freddo dell’inverno e propiziare l’arrivo della bella stagione: da qui il nome di Bati Marso.

In alcuni casi questa usanza si è tramandata nei secoli ed è arrivata fino ai giorni nostri. In alcune parti del Veneto si usa ancora pronunciare questa filastrocca

Vegnì fora zente, vegnì (venite fuori, venite)
vegnì in strada a far casoto, (venite fuori a far confusione)
a bàtare Marso co coerci, tece e pignate! (venite a battere Marzo con coperchi e pentole)
A la Natura dovemo farghe corajo, sigando e cantando, (alla natura dobbiamo far coraggio, urlando e cantando)
par svejar fora i spiriti de la tera! (per svegliare gli spiriti della terra)
Vegnì fora tuti bei e bruti. (venite fuori tutti, belli e brutti)
Bati, bati Marso che ‘l mato va descalso, (Batti, batti Marzo, che il matto gira scalzo)
femo casoto fin che riva sera (facciamo confusione fino a sera)
e ciamemo co forsa ea Primavera! (e chiamiamo con forza la primavera)
Vegnì fora zente, vegnì fora! (venite fuori, venite fuori!)